L'appalto illecito non consente la costituzione di un rapporto di lavoro...

L’APPALTO ILLECITO NON CONSENTE LA COSTITUZIONE DI UN RAPPORTO DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DI SOCIETÀ CD. IN HOUSE

 

Con l’ordinanza n. 3768 del 07.02.2022, la Cassazione afferma che, nei confronti di società a totale partecipazione pubblica (in house), sussiste il divieto di assunzione (o "conversione" di contratti di lavoro a termine nulli) senza l’esperimento di apposite procedure concorsuali.

 

Il caso affrontato.

Una lavoratrice adiva il Tribunale di Napoli al fine di rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una società di trasporto locale controllata dal comune per la quale aveva svolto attività lavorativa come guardiabarriere, impiegata alle dipendenze di una azienda appaltatrice.

La lavoratrice deduceva l’illegittimità dell’appalto configurante una ipotesi di intermediazione vietata di manodopera.

La Corte di Appello di Napoli, nel riformare la decisione del giudice di primo grado, riteneva che l’attività lavorativa non era esternalizzabile in quanto attività propria della committente e configurava comunque, per le modalità di realizzazione e l’uso di apparecchiature della committente, una ipotesi di appalto illecito. Anche i turni di lavoro, formalmente determinati dalla società appaltatrice erano funzionalizzati alle esigenze della committente, per cui riteneva che il rapporto di lavoro era da ritenersi costituito ab origine con la società committente.

 

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione con ordinanza del 7 febbraio 2022 n. 3768 nel riformare la decisione della Corte di Appello, ha ribadito che la disciplina in tema di appalto illecito e somministrazione irregolare non può trovare applicazione con riferimento alle cd. società in house.

La Suprema Corte ha osservato che, se, in tema di società partecipate, il capitale pubblico non muta, in via di principio, la natura di soggetto privato della società la quale, quindi, resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, ciò avviene salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 24591/2016 e con riferimento ai rapporti di lavoro Cass. S.U. n. 7759/2017);

 

Nella specie la disposizione di segno contrario, intervenuta in materia di società “in house”, è rappresentata dall’art. 18 del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 che, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 102/2009 di conversione del D.L. n. 78/2009, al comma 1 estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dall’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, ed al comma 2 prescrive alle «altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo» di adottare «con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità», prevedendo, inoltre, al comma 2 bis che « le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165 01, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Ribadisce la Suprema Corte dunque, all’esito dell’esame di tali disposizioni, che le società partecipate rimangono assoggettate al regime giuridico proprio in materia di reclutamento del personale che deve avvenire secondo i criteri stabiliti dall'art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, che impongono l'esperimento di procedure concorsuali o selettive, sicché la violazione di tali disposizioni, aventi carattere imperativo, impedisce la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato

 

La Suprema Corte conclude che, anche con riferimento alle società in house vige il divieto di assunzione (o “conversione” di contratti di lavoro a termine nulli) senza il previo esperimento di apposite procedure concorsuali in conformità all’art. 97 Cost., con la conseguenza che anche in presenza di appalti di mera somministrazione di manodopera è preclusa la possibilità di costituire giudizialmente un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società a controllo pubblico.

 

Carla Martino

Avvocato Giuslavorista ITALPaghe.com

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