Come è noto, con la recente pubblicazione della Legge 7 aprile 2025 n. 56, sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2025 sono stati abrogati gli atti normativi risalenti al periodo prerepubblicano (1861-1946).
Tra questi è rientrato anche il Regio Decreto n. 2657 del 6 dicembre 1923, che per anni ha rappresentato un testo di legge importante ai fini della disciplina dei contratti di lavoro intermittente (a chiamata) per individuare le attività lavorative oggetto di tale tipologia contrattuale.
Il lavoro intermittente.
E’ un contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
La normativa attuale (art. da 13 a 18 del D.Lgs. n. 81/2015) prevede, infatti, due presupposti distinti per poter instaurare tale tipologia contrattuale.
Presupposti:
1. oggettivo: deve essere previsto nel contratto collettivo, anche aziendale, applicato dal datore di lavoro. In mancanza, i casi di utilizzo sono individuati con decreto ministeriale;
2. soggettivo: può essere concluso esclusivamente con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni siano svolte entro il 25° anno, e con più di 55 anni.
Il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Tale contingentamento non si applica ai settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
La legge poi prevede due forme di contratto di lavoro intermittente:
Il lavoratore intermittente non deve comunque ricevere per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.
Gli effetti della citata abrogazione
In attesa del nuovo intervento ministeriale l’ Ispettorato del Lavoro ha emanato la nota n.1180/2025 riguardante gli effetti dell'abrogazione del regio decreto sulla disciplina del lavoro intermittente.
Nella nota si precisa che al riguardo il D.M. 23 ottobre 2004 – ancora pienamente vigente – ha stabilito che “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657”.
In tal senso l’ abrogazione non incide sulla disciplina del lavoro intermittente.
Al riguardo, trova applicazione, si legge nella nota, quanto già rappresentato dallo stesso Ministero con circ. n. 34/2010 in circostanze analoghe, laddove chiariva che “l’abrogazione della tabella allegata al R.D.L. del 1923 ad opera del D.L. 112/2008, poi non confermata dalla Legge di conversione n. 133/2008 o implicitamente prevista dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 179/2009, non sembra avere riflessi sulla disciplina del lavoro intermittente il quanto il rinvio operato dal D.Lgs. n. 276/2003 al R.D.L. può considerarsi meramente materiale”.
Il rinvio operato dalla legislazione all’elenco contenuto nel decreto del 1923 è da considerarsi quindi non formale ma sostanziale e, pertanto, non incisivo sulla vigenza dell’ attuale disciplina e sul possibile utilizzo del contratto.
Ne consegue che la tabella allegata al Regio Decreto mantiene una rilevanza operativa e interpretativa, rimandendo ad oggi il testo di riferimento nella definizione delle attività oggetto di lavoro intermittente.
Francesco Ugliano
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