Con la recente circolare n. 6/2025 il Ministero del lavoro ha fornito utili chiarimenti in merito alle novità introdotte dal Collegato lavoro. Tra questi, anche quelli in merito alle attività stagionali.
Lavoro stagionale
Il contratto di lavoro stagionale è una particolare forma di contratto di lavoro a tempo determinato che si applica in alcuni periodi dell'anno e per specifiche attività legate appunto alla stagione, previste dalla legge o dai contratti collettivi nazionali.
Lo stesso non è sottoposto ai limiti da sempre previsti per il contratto a termine.
In particolare, per il lavoro stagionale:
Chiarimenti sulla definizione di lavoro stagionale
Il collegato lavoro ha introdotto una norma di interpretazione autentica all’art. 21 del d.lgs 81/2015, relativamente alla definizione di attività stagionali. Si tratta dell’art. 11, del Collegato Lavoro, secondo cui rientrano nelle attività stagionali tutte le attività individuate dal decreto n. 1525/63, e le attività organizzate per fare fronte ad intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro. In quest’ultimo caso, le attività, così come individuate, devono essere state previste all’interno di una contrattazione collettiva sottoscritta ai sensi dell’art. 51 del d.lgs n. 81/2015 e cioè dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Sul punto la circolare del Ministero ha chiarito che tale interpretazione si è resa necessaria in quanto la formulazione letterale dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 81/2015 non risultava sufficientemente chiara circa la possibilità o meno per i contratti collettivi di prevedere altre ipotesi di attività stagionali oltre a quelle contenute nel D.P.R. n. 1525 del 1963 o nel decreto ministeriale che avrebbe dovuto sostituirlo.
Dunque, in merito alle tipologie di attività di lavoro stagionale, sono tali anche quelle previste dai contratti collettivi come individuati dall’art. 51, d.lgs. n. 81/2015 e, dunque, dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Trattandosi di una norma di interpretazione autentica, essa assume carattere retroattivo, trovando pertanto applicazione per i contratti firmati antecedentemente alla sua entrata in vigore.
Ad ogni modo, chiarisce la Circolare, sono considerate stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili per fronteggiare l’intensificarsi dell’attività produttiva in determinati periodi dell’anno o per soddisfare le esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa.
A tal fine la circolare sottolinea che sarà compito della contrattazione collettiva chiarire nel dettaglio – non limitandosi ad un richiamo formale e generico della nuova disposizione – in che modo quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto al diritto dell’Unione Europea.
Il richiamo è alla direttiva 1999/70/CE che impone agli Stati membri, per evitare abusi derivanti da una successione di contratti o rapporti a tempo determinato, di introdurre una o più misure relative a: ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
Pertanto, conclude il Ministero poiché il contratto stagionale – species del più ampio genere del contratto a tempo determinato – è privo di vincoli per quanto riguarda la durata massima (b) ed il numero dei rinnovi (c), l’unica misura tra quelle prospettate a livello europeo volta a limitarne l’utilizzo è proprio l’individuazione da parte del legislatore e da parte della contrattazione collettiva di ragioni obiettive, quanto più possibile puntuali, che ne giustifichino il rinnovo.
Francesco Ugliano
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