Obbligo del vaccino sui posti di lavoro e green pass

La sentenza del Giudice del lavoro di Modena, seguita anche dal Tribunale di Roma, riconosce al datore di lavoro la possibilità di sospendere dal servizio e dalla retribuzione chi rifiuta il siero.

 

L’obbligo del vaccino anti-Covid al lavoro si viene ad arricchire di nuovi spunti, nelle ipotesi in cui la legge non ne impone l’obbligo, alla luce della posizione assunta da alcune recenti pronunce dei giudici di merito. Tra queste la sentenza del Tribunale di Modena con cui è stato stabilito che l’azienda può sospendere dal servizio e dalla retribuzione chi non vuole vaccinarsi contro il coronavirus.

 

Analoga decisione è stata di recente adottata dal Tribunale di Roma, con la sentenza n. 18441/2021, che facendo propri i principi del giudice del lavoro di Modena, ha previsto la legittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del dipendente che rifiuta di sottoporsi al vaccino ed in presenza di una inidoneità parziale allo svolgimento delle mansioni, per contatto con terzi e stante l’impossibilità di sottoporre il lavoratore ad altre mansioni.

 

Il caso affrontato

Il caso affrontato dal Giudice del Lavoro di Modena riguarda il ricorso presentato da due fisioterapiste di una RSA assunte da una cooperativa che le aveva sospese senza retribuzione a seguito del loro rifiuto di vaccinarsi. La sospensione era avvenuta prima dell'entrata in vigore del decreto legge 44/2021 che ha imposto l'obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, che quindi non avendo efficacia retroattiva non poteva applicarsi in questo caso.

 

Il Tribunale ricostruisce allora la vicenda in via generale, delineando il quadro della normativa esistente.

La sentenza parte da una interpretazione dell’art. 2094 c.c., in riferimento a quelli che sono gli obblighi del prestatore di lavoro.

 

In particolare, il Giudice del lavora afferma che se è vero che l’obbligazione principale del lavoratore è quella di mettere le proprie energie personali lavorative a favore del datore di lavoro, occorre considerare l’evoluzione normativa che impone alle parti il rispetto di un principio solidaristico anche nel rapporto di lavoro, per cui entrambe le parti del rapporto contrattuale devono operare l’una nell’interesse dell’altra.

 

Già alla luce di tale principio, secondo il giudice del lavoro si può richiedere al prestatore di lavoro subordinato l’obbligo di rendere la propria prestazione di lavoro ai fini dell’impresa in cui opera.

 

Viene pertanto richiamato l’art. 20 del dlgs n. 81/2008 che prevede che “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

 

Partendo da tale norma, il giudice del lavoro fa quindi discendere a carico del lavoratore particolari obblighi di cura e sicurezza a carico del lavoratore per la tutela dell’integrità psicofisica personale propria ma anche delle persone con cui si trova a contatto.

 

Il giudice del lavoro ricorda poi anche gli obblighi a carico dell’azienda per cui “il datore di lavoro si pone come garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali e ha quindi l’obbligo ai sensi dell’art. 2087 del Codice civile di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori”.

 

Il Tribunale precisa come la direttiva UE 2020/739 del 3 giugno 2020 ha incluso il Covid-19 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche negli ambienti di lavoro. Rientra quindi tra i doveri di protezione e sicurezza sui luoghi di lavoro, dettati dal Dlgs 81/2008, quello di tutelare i lavoratori da agenti di rischio esterni, contro il quale – scrive il giudice emiliano – la mascherina non basta come misura di protezione.

 

La sentenza puntualizza che il rifiuto del vaccino anti-Covid, se non può comportare sanzioni disciplinari, può avere delle conseguenze per quanto riguarda la valutazione oggettiva dell’idoneità alla mansione del dipendente, specialmente quando il lavoratore è a contatto con il pubblico o lavora in spazi ridotti accanto ai colleghi può essere sospeso dal lavoro e dalla retribuzione in caso di mancata vaccinazione.

 

Di qui dunque la valutazione del medico competente di inidoneità a svolgere, causa il pericolo pandemico, l’attività a stretto contatto con anziani e persone oltre modo fragili e quindi una prima valutazione del datore, a seguito della comunicazione del medico, circa la possibilità di utilizzare gli addetti sanitari in una posizione lavorativa non a contatto con altri dipendenti o terzi.

 

Se tanto non è possibile, è stato ritenuto corretto il comportamento del datore che ha proceduto a sospendere i due dipendenti senza la corresponsione di alcuna retribuzione.

 

Vi è, si legge infine nella sentenza ed a parere del giudice di merito, la necessità di un contemperamento il diritto alla libertà di autodeterminazione con altri diritti di rilievo costituzionale come la salute dei clienti, degli altri dipendenti e il principio di libera iniziativa economica fissato dall'articolo 41 della Costituzione.

Ne consegue che se il datore di lavoro non dispone di mansioni che non prevedano contatti con l'utenza può decidere di sospendere chi non voglia vaccinarsi. Il principio di solidarietà collettiva, grava su tutti (compresi i lavoratori) e rende legittima la scelta del datore di lavoro di allontanare momentaneamente il lavoratore non vaccinato.

Consequenziale alla sentenza, è, la considerazione circa la possibilità che il datore di lavoro può anche decidere di imporre il c.d. green pass per i dipendenti.  

A consentirlo possono essere il Codice civile ed il Testo unico sulla sicurezza del lavoro e ciò in quanto il titolare dell’attività ha il potere e il dovere di pretendere dai dipendenti il rispetto di qualsiasi tipo di misura finalizzata a rendere il lavoro più sicuro, tra cui il vaccino contro il coronavirus, con tutte le possibili ricadute sulla prosecuzione e mantenimento del posto di lavoro.

 

Francesco Ugliano

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